L’imboscata (controcostituzionale) de “la Boschi” (e del suo Manager….)
Dal massiccio facciale regressivo, saggiamente palliato da due ciocche di capelli rossicci cadenti sui lati e, a rincalzo, sviato dal ceruleo degli occhi puntiformi preposti a richiamare l’attenzione, issata sul busto dall’appoggio inferiore macromorfo travisato dai lembi degli indumenti superiori, cotesta contraffazione della avvenenza femminile che è “la boschi”, richiamato suo padre (quis?) e un “politico della sua terra” Amintore Fanfani (pares cum paribus…?), con vocetta da discente tuttavia impettita, rammenta all’uditorio, dei parlamentari che si oppongono alla riforma renziana del Senato (il veicolo dello sviamento delle masse dalla visione della incapacità fragrante e strutturale, del Governo, di agire sulla socioeconomia), che, Egli, dichiarava : “in politica, le bugie non servono”. Fanfani, invero, con quella nota, alludeva al fatto che, disponendo, la politica, del potere, e della forza relativa, non aveva bisogno di mentire (al meno, “non più di tanto”). Ma “la Boschi” la capisce da scolaretta, come un monito educativo del genitore (ecco, forse, la ragione, altrimenti inspiegabile, della sua menzione accanto al grande Fanfani): “non si dicono bugie”. E denuncia che le direbbero quei parlamentari sbandierando che, se il potere legislativo, del quale il Senato è parte, non è elettivo, non è riconducibile a sovranità del popolo, e quindi è autoritarismo (verità assiomatica, che solo per l’ossessa del neofascismo renziano, potrebbe essere una bugia).
D’altronde, poco prima, ha definito l’accusa di autoritarismo “una allucinazione” : o dando a vedere che, essa, e la bugia, sarebbero sinonimi (ma la prima è “bugia”, come distacco dalla realtà, solo oggettiva, e inintenzionale perché patologica, la seconda è anche soggettiva, e intenzionale e strategica), e, quindi, mostrando di non avere il minimo controllo dei termini del discorso, comune o politico, d’essere completamente impreparata alla politica democratica, preparata solo alla irruenza e alla avventatezza del neofascismo istituzionale (Mussolini va al Governo all’età di Renzi, minacciando sfracelli se V.E. non glie lo concedesse, Renzi ci va infilandovisi nottetempo, ulisseicamente, ingannato l’ apparato: due modalità solo formalmente differenti, funzionalmente coincidenti l’usurpazione fascista del potere)…oppure infischiandosi delle contraddizioni logiche e reali (ciò che colloca il “politico” alle radici dello strapotere)…
Diaz