8 – 08 – 2009

Con la violenza capillare diffusa, collettiva, così che ognuno era facultato ad attuarla, purchè la sua impronta fosse fascista, rispecchiasse le volontà e gli scopi degli interessi politici accendenti, quelli eretti dall’assetto socioeconomico della realtà, con tale violenza, inorganizzata, spontanea, oppure organizzata, in bande, squadre, manipoli,  milizie, fino alle “forze dell’ordine”, si svolgeva la relazione delle persone e delle loro classi, nel Paese, relazione per la quale le une soverchiassero le altre, assoggettassero le altre, dominassero le altre, quando non le eliminasse, per la quale tra fascisti e non fascisti o antifascisti o neutri non fosse relazione che di sottomissione.
D’altronde fuori del Paese, altrove, ad esempio in Grecia, in Jugoslavia, in Etiopia, la relazione suddetta era quella dell’invasore e dell’invaso, dell’occupante e dell’occupato, della spoliazione e annientamento e sostituzione di questi, un rigurgito di invasione barbarica orribilmente potenziato da armi di distruzione di massa, per giunta attivate dal cielo, con gli aerei, cosi’ che l’attaccante fosse al riparo da  qualunque difesa, che  la sua potenza distruttiva fosse irresistibile.
Durante la invasione della Etiopia, soprattutto, non soltanto fu violata la Convenzione di Ginevra, vietante quelle armi, ma fu sostenuto e applicato il principio della sproporzione assoluta tra azione e reazione, perfino quando quella fosse difensiva: l’attentato al criminale di guerra,  criminale contro l’umanità e genocida, “generale graziani” vicerè (nientemeno: un plebeo addobbatosi delle “greche” facendo scorrere il sangue a fiumi ) sarà ritorto con lo sterminio di migliaia di indigeni e delle loro case, chiese, monumenti, terre, beni….
In un eccesso tale che la violenza fascista può ritenersi  fine e mezzo, a sé stessa, inizio e termine della sua politica, violenza mortale letale, ecatombale, necromane.
Violenza generale, d’altronde, quella fascista, se altrettale la si vede, allo stesso tempo (circa) nella Germania nazista, nella Spagna franchista…
Ora, che essa, il suo substrato culturale, abbia, possa avere, non sia oltremodo criminoso che abbia, in periodo “democratico”, epigoni, che, finanche, questi abbiano, possano avere, non sia oltremodo criminoso che abbiano, la maggioranza, il potere politico, che possano riportarsi, si riportino dichiaratamente, a tanta abiezione, che tra gli scranni istituzionali più alti possano girare le facce, le voci, i gesti e le gesta, o sconci o fraudolenti o demenziali, immancabilmente, di costro, è la maggiore vergogna storica del Paese…
Assiso e flesso come uno dei velinari dei suoi tiggi, ostense autentiche veline sparacchianti numeri caotici che gli permettano di affettare, ma esattamente come uno di quelli, “e questa è una buona notizia”, colui che dà corpo al nulla esistenziale solo col male antropologico, postasi davanti una piccola platea di “giornalisti” cui ha vietato di levare una sola domanda od obiezione, la brachimorfia cacofonica peggiore della terra, la sconcezza estetica più autoevidente, mentre farfuglia forse, affannosamente, da presidente del consiglio e capo del più numeroso partito d’Italia, che la figlia in fondo gli vuol bene e, in palese fuga di idee, lui non è ricattabile, tuttavia da vero tiratore politico assesta che, “quelli del tiggitre” che lo attaccherebbero ogni giorno, sarebbero “dei delinquenti“.
E qui, per incanto, il malfattore sociopolitico senza pari nel mondo occidentale muta repentinamente in benefattore, poiché esprime istintivamente come possa sorgere il procedimento stigmatizzatorio dell’oppositore, la evoluzione giuridica di esso in senso penalistico, il mezzo della sua eliminazione.

Come d’altronde il procedimento qualifichi e connoti politicamente il procedente: colui che con la forza militare in foggia giuridica e poi giudiziaria elimina dell’oppositore; come d’altronde, costui, nel sistema “democratico” può conseguire potere antidemocratico.

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