Di Travaglio, che rinfaccia, ad ogni “prescritto”, che non sarebbe un “assolto” (dando ad intendere, da laureato in Lettere “parlante” diritto, che il “prescritto”, non essendo un “assolto”, sarebbe un condannato), ora si scopre, da Santoro (che ne è fautore) in goffo imbarazzo, che è un “prescritto”.
Si scopre, inoltre, che è un condannato, secondo (non lui ma il) diritto.
E quando replica che, condanna civile e condanna penale, per diffamazione, sarebbero (moralmente) differenti, tralascia che, la differenza, dipende solo dalla volontà del diffamato, di dare querela civile, anzichè penale (la condanna civile, peraltro, suppone l’illecito penale).
E sopratutto tralascia (anche perchè, penalomane qual’è, mai lo riconoscerebbe), che la condanna civile è impartita per volontà di un pari, un cittadino, non di un impari, un procuratore della repubblica.
D’altronde, la sua “equità” ben risalta dall’insofferenza alla puntuale retribuzione berlusconiana.
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