APC (POL) – 11/06/2014 – 19.00.00
Penalisti: responsabilità toghe problema reale avvertito da tutti
Penalisti: responsabilità toghe problema reale avvertito da tutti In Parlamento c’è necessità di riforma Roma, 11 giu. (TMNews) – “Come certe inquietudini che periodicamente ci assillano, il famoso o famigerato emendamento Pini è ritornato sulla scena, venendo approvato contro il parere del governo in carica: oggi quello presieduto da Renzi, mentre due anni fa era quello presieduto da Monti. Come allora ci lascia perplessi il ricorso alla citazione diretta e non ci piace che si voglia vincolare il giudice all’osservanza, oltre che della legge, anche della giurisprudenza, sia pure quella europea”. Così l`Unione Camere Penali italiane a proposito della norma sulla responsabilità civile dei magistrati. Ma, al di là del dato tecnico, che pure conta, “la notizia è che esiste dentro il Parlamento – sottolineano i penalisti – una maggioranza che si rende conto di come sia necessaria ed ineludibile una legge che renda i magistrati davvero (e non per finta come adesso) responsabili dei propri errori: così come accade nei paesi democratici e per ogni altro comune mortale”. Per l`Ucpi il dato politico che emerge dalla notizia dell’ennesima approvazione dell’emendamento Pini è che il Parlamento, comprese forze che appoggiano il Governo, “avverte chiaramente questa necessità di riforma, ma solo dietro il voto segreto riesce a ribellarsi al veto `a prescindere` della magistratura associata: il quale trova conferma nelle reazioni di chi oggi si straccia le vesti come se i cosacchi a cavallo avessero invaso il Parlamento. Siamo tutti buoni e bravi a dire che un tema delicato come quello della responsabilità dei giudici non si affronta con ritocchi parziali e proditori, ma se poi non si fanno seguire alle parole i fatti – mettendo mano ad una riforma organica, per rimuovere il filtro di ammissibilità, che oggi è una diga insuperabile per ogni sacrosanta azione risarcitoria, e per allargare i casi tassativi di responsabilità, ricomprendendovi anche le più evidenti storture interpretative fondate sull’ignoranza della legge – non ci si lamenti se i deputati ciclicamente – conclude l’Unione delle Camere penali – cercheranno di fare, male e nel segreto dell’urna, il dovere di legislatori che rispondono alla propria coscienza e non ai privilegi di categoria”.
Perplessità storicamente consapevoli?
“Lascia perplessi (“i penalisti”) il “ricorso alla citazione diretta”…che supporrebbe la possibilità, oggi, della “citazione indiretta”. Possibilità che, tuttavia, non esiste, essendo, oggi, impossibile, per chiunque, citare a giudizio (pur) indirettamente, il magistrato (che, quindi, è personalmente immune dalla citazione di chiunque). E’ solo possibile citare, per lui, esclusivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri; questi, per giunta, non può nemmeno rivalersi, su lui, del risarcimento compiuto, giacché, la rivalsa, gli è permessa solo nella misura, beffarda, di un terzo della remunerazione netta di costui (così che, il risarcimento con pubblico denaro, è, in ultimo, a carico del danneggiato..).
Per ciò, il magistrato, è l’unico membro della collettività posto(si) fuori dall’ordinamento giuridico della collettività che incivilì (anche) dando a chiunque la possibilità di citare chiunque (di attribuire e di assumere responsabilità…); posto(si) fuori dal “minimo giuridico” della modernità (perfino la sua mera simbolizzazione, in giudizio, dal Presidente suddetto, è possibile solo in quanto sia ammessa da un collegio tribunalizio composto di suoi pari…).
Dunque, se la responsabilità civile non può neppure essergli rivolta, e, d’altronde, se egli è responsabile penalmente nella misura in cui un suo pari lo citi a giudizio, ed un altro pari lo condanni (si intuisce che una delle ragioni per le quali, quei pari, non si separino, per le quali il pubblico ministero non si separi dal giudice, sta nella opportunità della discrezionale regolazione di quella misura), ciò comporta che, egli, sopra le leggi della responsabilità sociogiuridica, è libero da ogni vincolo (“indipendente”, si definisce e si pretende: ma anche per ciò, la sua giurisprudenza penale, ad esempio, è, in effetti, legislazione alternativa o contraria o ulteriore, a quella, parlamentare, e senza che ciò, eversivo dell’ordine costituzionale, neppure adombri responsabilità di sorta).
E comporta, quindi, che, egli, ha gli attributi della sovranità di antico regime, la quale, quindi, sopravvive (pro quota) nel “nuovo regime”, pregiudicando la questione se, siffatta sovranità, per giunta la più pugnante e assoggettante che sia immaginabile “in tempo di pace”, non disidentifichi la “repubblica democratica”.
E’ questa assolutizzazione, del massimo potere sociopolitico da quello giudiziario, che non permette ad alcuno, tanto meno alla avvocatura, (potenziale) “intellettuale collettivo” atto (e preposto) al controllo critico di esso, di essere “perpless(o)” sul “ricorso alla citazione diretta”.
Conseguentemente, il “Governo” del partito (fondato da Amadeo Bordiga e da Antonio Gramsci…) che si schiera contro la “responsabilità civile del magistrato”, politicamente è una forza (superstite) di antico regime, giuridicamente, tolto alla collettività il diritto al risarcimento del danno (al proprio essere ed avere), attenta alla Costituzione degli artt 24, 113….
Diaz