E’ celebrato il duecentocinquantesimo anniversario della edizione del libro di C. Beccaria “Dei Delitti e delle Pene”.
Rispetto alla situazione mondiale dei delitti, il Paese nativo dell’autore è degenerato fino alla incriminazione delle persone in quanto tali, per la connotazione etnica o etica, traibile anche per contiguità rispetto alle persone o gruppi di persone che la possiedano (degenerazione promossa dall’hitlerismo lo stalinismo il mussolinismo).
Rispetto alle pene, esse hanno tralasciato ogni principio di proporzione, tendono ad attestarsi, tutte, intorno all’ergastolo. E, quanto alla pena di morte, essa è mantenuta nella forma criptica dei suicidii in carcere o da spavento per la minaccia del carcere o, talora, della degradazione sociale: e nella forma, criptica, della “esecuzione sul posto”, sempre più praticata dalle forze di “ordine pubblico”. D’altronde, cento anni dopo la edizione del libro, la prima forza di ordine pubblico, quella dei carabinieri, stanziata nel meridione italiano, sterminava “i briganti” insieme alle popolazioni contigue, sparando a vista.
E rispetto alla tortura in senso proprio, essa, trasferita sul piano della privazione sensoriale da quello della offesa sensoriale, ha raggiunto, nelle diverse gradazioni, il massimo della diffusione.
D’altronde, negli altri Paesi, mediorientali e orientali, o in alcuni Paesi occidentali, ospitanti quella edizione, la pena di morte esplicita straripa, insieme a quella implicita o tacita o informale…
Tutto ciò mostra il fallimento, a lungo medio e breve termine, globale, del libro..
Il quale, in effetti, ebbe un limite strutturale, quello di non avere neppure minimamente confutato (combattuto) il potere penale quale espressione e parte del potere politico economico generale, ebbe il limite, quindi, di essersi mosso ad esclusivamente moderarlo, nelle pene e nelle procedure del tempo.
Come d’altronde segnala la vita medesima di Beccaria, ultraintegrato nelle istituzioni di quel potere, e come segnala la vita del suo nipote ed emulo, A. Manzoni, che nel suo libro più noto, “i promessi sposi”, confuta alla superficie il potere politico penale, benché, al tempo, schiettamente criminale nei mezzi e nei fini. E dove la confutazione incalza, nel libro “la colonna infame”, è dubitabile che, egli, ne sia stato l’autore, comparatone il linguaggio a quello del suo libro più noto.
Diaz
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Calabria penale
In Calabria, quattrocento arrestati a botta, per la carriera degli arrestatori. Di fatti, meno di duecento vanno all’udienza preliminare, quelli che ci vanno sono incolpati non di ciò che fanno ma di ciò che sono, contro il diritto penale (e la civiltà giuridica) degli stati europei Italia esclusa (questa miserabile condizione di antigiuridicità spinge compensativamente i suoi responsabili a spacciarla, con sfrontata inversione, come la più avanzata….in malaffare…). Quelli che poi sono condannati lo sono per ciò, non per altro, e lo sono dal giudice del pubblico ministero, la matrice culturale e tecnica dell’affare giudiziario penale.
In Calabria, inoltre, i consigli comunali sono sciolti con procedure sommarie di polizia, basate sul sentito dire e su congetture e supposizioni da caserma. E che con ciò danno e assicurano dominio sociopolitico all’organismo (unico) inquirente requirente giudicante.
Quindi, liquidate socialmente le popolazioni arrestate, lo sono anche le loro rappresentanze politiche…popolo e sua istituzione..è liquidato il tutto sociopolitico…
Collateralmente, le popolazioni superstiti sono completamente escluse dalla attività lavorativa, sia quelle che concorrono ad entrarvi, per “contiguità alla ndrangheta”, sia le loro parentele, perché contigue a contigui (la causa dello sterminio è una parola, ancora una volta, dopo “ebreo”, un aggettivo, “contiguo”)
Onde lo “stato di polizia” nella sua diramazione. neofeudale, e preborghese (poiché repressa la libertà di iniziativa economica di associazione di partecipazione alle formazioni sociali naturali e civili, represso perfino l’individuo incriminatone il suo essere), regna assolutisticamente…
Diaz
Diaz
Malfare penale universale
Sarebbe stata condannata ad un anno di carcere un giovane iraniana, Reyhaneh jabbari, accusata di “propaganda contro lo Stato” per avere compiuto un tentativo di ” partecipazione ad una partita di pallavolo maschile”…
Ebbene, se trattasi di legge penale, di legge penale nazionale, di giustizia penale nazionale, trattasi anche di legge e di giustizia penali universali, non distinguibili da altre, di qualunque altra nazione..
trattasi quindi di potere penale, legislativo e applicativo, anche (anzi fra i primi) italiano…
Eppure, la comunità internazionale si sarebbe mobilitata per chiedere la grazia, confermando il potere, dunque, non per abbatterlo, dovunque esso eserciti..
Diaz
Conso
Ho revocato i moduli carceratori dell’art 41 bis perché li ho ritenuti ingiusti, non per richiesta della mafia o di altri per essa, dichiara l’ultranovantenne Giovanni Conso, uno dei pochissimi che abbiano dato lustro alla scena politico giuridica italiana (forse per ciò incriminato nel processo alla “trattativa statomafia”), così miseramente priva di giuristi e di grandi giuristi, priva di chi avesse la capacità di cogliere l’obbrobrio giusumanitario dello “Stato di polmagistratura” italiano, pervenuto alla legalizzazione dell’imprigionamento, per la tortura, del suo popolo…
Diaz
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