L’ingiustizia del giusto..
“ Che cosa aveva fatto di male Jerome Crainquebille, venditore ambulante di verdura fresca? Nulla, all’apparenza. Spingeva, come d’abitudine, il suo carretto per le vie di Parigi, gridando ai passanti: “Cavoli, rape, carote!”. Il peggio che se ne potesse dire è che ostruiva un poco il traffico. Ma in rue Montmartre, tra il fragore delle carrozze e dei barrocci e il trapestìo dei passanti, l’agente 64, che aveva intimato a Crainquebille di sgombrare la strada, credette di sentirgli pronunciare, in risposta, un irriverente: “Porca vacca!”. Ed ecco che, acciuffatolo per il bavero, trascinava fino in commissariato il verduraio allibito, che lo guardava “con i suoi occhi bovini e bruciati dal sole”. Un episodio trascurabile, un nonnulla. Eppure, quasi smossi dai loro scranni celesti, tutti gli dèi e i demoni della Giustizia piombarono sulla testa del povero Crainquebille, come neri avvoltoi. Principati e Potestà, Troni e Dominazioni si diedero convegno nell’aula magnifica e tetra dove Crainquebille, sul banco degli accusati, vide intorno a sé “i giudici, i cancellieri, gli avvocati in toga, l’usciere gallonato, i gendarmi, e, dietro un tramezzo, le teste nude degli spettatori silenziosi”. L’agente 64 era un semplice agente di prefettura, certo, ma anche un agente di prefettura è una particola del Principe: “Il Principe risiede in ciascuno dei suoi ufficiali. Compromettere l’autorità dell’agente 64 è indebolire lo stato. Mangiare una foglia del carciofo è mangiare il carciofo, come dice Bossuet nel suo linguaggio sublime”. E questo esempio, c’è da giurare, persino il verduraio Crainquebille poteva capirlo bene. Del pari, anche il processo più insignificante, che debba accertare il più sciocco dei casi, è una particola del grande Leviatano giudiziario: “La maestà della giustizia risiede integralmente in ogni sentenza resa dal giudice in nome del popolo sovrano”.
Da Anatole France