Per (d’) elisa
La legge renzipiddina sull’ “omicidio stradale” ha portato la pena dell’omicidio colposo fin quasi quella dell’omicidio doloso e pari a quella dell’omicidio preterintenzionale.
Sovvertendo una differenza, fra le rispettive specie, che il regime nazifascista italotedesco dello scorso secolo si era ben guardato dall’intaccare legiferandola. Che una coscienza giuridica bimillenaria aveva pazientemente generato nutrito serbato.
E che, per contro, il regime giuridico politico di questo secolo ha demolito.
Un regime, tuttavia, non solo politico ma anche giudiziario, giacché la corsa alla demolizione di quella differenza (base culturale archetipica della distinzione fra specie della colpevolezza penale e misura del loro rimprovero), la ha avviata la magistratura italiana, allorché, non sazia del penitenzialismo carcerario cresciutole mostruosamente dentro nell’ultimo trentennio, ha impreso a spacciare l’omicidio colposo della circolazione stradale come “eventualmente doloso”, ed a trattarlo con la pena di questo.
Mentre il regime politico renzipiddino, incondizionatamente (e non disinteressatamente) suo caudatario, le ha allestito il traguardo della vittoria, la ratifica legislativa.
Ebbene, entrambi, nello stato e propensione culturali dell’omicida doloso dell’omicida colposo (certamente tale, viaggiava a sessanta all’ora, lucido e attento, il ventenne dedito in vita al volontariato sociale..D’elisa) della sfortunata ciclista.
Come nello stato e propensione culturali dei concittadini della predetta, i quali, reclamando ripetutamente in pubblico corteo”Giustizia per Roberta”, spacciavano per doloso l’omicidio colposo (se non avessero auspicato che il marito si facesse giustiziere) …