“Potere penale”
Alì Mohammed Baqqir alk-Nimr aveva diciassette anni allorché partecipava ad una “manifestazione contro il Governo”, in Arabia Saudita. Oggi ne ha ventuno e, per quel “crimine”, è stato condannato alla decapitazione, ed alla crocifissione pubblica (del cadavere). La sentenza è stata confermata dalla “Suprema Corte” del Paese e sta per essere eseguita.
L’incancellabile turpitudine del volto del potere penale dell’Arabia Saudita la si ritrova in varie altre parti del mondo, quasi tutte.
Sia nel profilo della punizione:
esecuzione capitale unisussistente (che si compie in un solo atto esecutivo: fucilazione impiccagione iniezione tossica…): (da IS a US a Iran, Pakistan, Giordania, Oman, Siria, Somalia, Egitto, India, Cina, Ciad, Sudan, Corea del Nord, Vietnam, Indonesia, Bielorussia, e via dicendo;
“esecuzione capitale” multisussistente, lenta e progressiva: il “41 bis” in Italy, in quasi tutte le prigioni degli altri Paesi del Globo.
Sia nel profilo del presupposto della punizione:
il “crimine”, fatto (per lo più), in sostanza e contro le apparenze, non di altro che di indifferenza od oltraggio o disobbedienza o ribellione o rivolta o resistenza o difformità, allo Stato (orrendamente) governante sul popolo con siffatti strumenti e poco altro (ma, in Italy, nemmeno tale crimine è necessario, è sufficiente, anche per la sua “Suprema Corte”, un modo d’essere, uno stile, una connotazione culturale, o etnica, di un individuo o di un gruppo: detti per lo più “mafiosi”).
Fatto, il “crimine”, insomma, di quanto non piaccia al più dispotico e capriccioso gusto dello Stato: a chi “libito fè licito in sua legge” (Alighieri, Inferno V, del Giudice Minos).
Ora.
Le parti di mondo, delle popolazioni che lo abitano, infestate da cotanto morbo, che distrugge l’umanità che infetta, tanto quanto protegge l’inumanità che lo infetta, potranno sopravvivere ad esso senza combatterlo, estirparlo, estinguerlo?