1. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri (art. 92.2 Cost). Così egli forma il Consiglio dei Ministri, composto dai suddetti, e costituisce il Governo della Repubblica (art. 92 cit.).
1.1. Se le nomine suddette (giuridicamente) estrinsecano un potere; se questo, oltre che positivo (il PdR nomina taluno, a PdC o a Min.) non fosse anche negativo (il PdR non nomina talaltro, a PdC o a Min.), sarebbe un dovere.
Ma in tal caso altri avrebbero il potere. Altri che non sarebbero PdR, e potrebbero essere chiunque. Ad esempio autocandidati alla PdC (Di Maio prima versione); o candidanti altri (Conte) alla PdC (Di Maio seconda versione, prima solo poi con Salvini). “Eletti dal popolo” sì, ma nessuno, rispetto al potere suddetto, alla sua funzione, al processo di formazione del Governo.
Altri per ciò arrogantisi potere mai avuto, usurpanti potere altrui (quello in art 92.2 cit.), extracostituzionali se non incostituzionali (e senza nemmeno sospettarlo, verosimilmente…).
2. Le nomine sub 1 estrinsecano cotanto potere, nel PdR, perché Capo dello Stato e rappresentante l’ unità nazionale (art. art. 87.1 Cost.), Tale perché eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri, a scrutinio segreto e (fino all’eventuale terzo scrutinio) a maggioranza dei due terzi. E perché eletto dal Parlamento nella unità inscindibile dei suoi membri (per la esplicazione di una serie di funzioni, in art 87 cit., fra le quali, appunto, quella in parola). E perché eletto dall’insieme degli eletti dal popolo, assai più rappresentativamente che se eletto dal popolo (Di Maio, Salvini e simili) pro quota.
2.1 Il Governo, d’altronde, è storicamente costola del Capo dello Stato (il monarca assoluto o relativo, o suoi equivalenti), che nel sistema parlamentare come il nostro esprime il PdC oltre i ministri a moderazione del proprio potere. Invece non moderato (smodato, Trumpista?) nel sistema presidenziale (sistema che peraltro potrebbe darsi de facto, benché moderato dal parlamentarismo di Mattarella: è il caso di Conte, che vive tenuto sottobraccio dai due viceministri che in effetti lo hanno nominato, vive in condizione, per ciò, costituzionalmente inidentificabile. D’altronde, visibilmente non dirige la politica generale del Governo…né mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo d’esso, né promuove o coordina l’attività dei ministri: contro l’art 95.1 cost.).
2.2.Da ultimo. Formato il Governo, come è noto, spetta alle Camere il responso, mediante dazione della fiducia (art 94.1 cost), (anche) sulla legittimità del procedimento. Responso che in specie la ha ritenuta… E ciò benché di essa non ve ne fosse neppure l’ombra, per quanto visto.
3. Più concretamente. I capi di due partiti, insieme “maggioritari” in Parlamento, hanno fra loro contrattato la nomina di Ministri e di PdC (oltre il “programma di Governo”). Con valore di obbligazione la hanno presentata al PdR affinchè ne prendesse nota e la ratificasse, sebbene ciò comportasse sostituzione nel suo potere, e hanno atteso. Il PdR (già professore di diritto parlamentare e giudice della Corte Costituzionale, dunque ben diversamente dai contraenti avveduto in materia) lo ha dissimulato ( “per ragion di Stato”?) ed è stato al gioco. Su una nomina tuttavia si è impettito, quella del ministro della Economia e Finanza, che ha respinto.
3.1. Il PdC “incaricato” (Conte) avrebbe potuto, anzi dovuto, proporre altro nome (tanto che lo farà al “reincarico”, qualche giorno dopo). In vece rinunzia all’incarico. E non appena il PdR ne darà comunicazione e anticiperà incarico ad altri, il capo di uno dei due partiti, in piazza (fisica e mediatica) aizzando il (suo) popolo, marcerà verso l’ ”impeachment” (la messa in stato d’accusa del PdR, che solo il Parlamento in seduta comune e a maggioranza assoluta dei suoi membri, e su istruzione penale di apposita Commissione, potrebbe ambientare e decidere: art 90.2 cost.): per “attentato alla costituzione” (il capo di un partito semi alleato, Meloni, evocherà “alto tradimento”, perché’ il PdR avrebbe dato campo a “nazioni straniere”).
3.2. Contemporaneamente, “sui social”, quattrocento nuovi “profili” inopinatamente sorti erutteranno il più trucido attacco al potere (ed alla persona) del PdR, con eversiva intimazione “Mattarella dimettiti”. Il PdR frattanto ha incaricato PdC Cottarelli. Questi accetterà con riserva. La scioglierà negativamente, quando la campagna per l’impeachment rientrerà tatticamente, e poco prima del reincarico a Conte, il quale definirà il CdM sostituendo al MEF il ministro respinto. Nei giorni dal 27 al 31 del mese di maggio passato.
4. “Attentato alla Costituzione”, dal PdR che ha ripristinato il proprio potere di nomina di un ministro, per i restanti esercitato da altri? Pur se la fattispecie avesse mantenuto la latitudine originariamente prevista dai Costituenti a massima garanzia della legalità della funzione, a rendere possibile la repressione penale di ogni abuso presidenziale, essa sarebbe inapplicabile all’ineccepibile uso, del potere, fatto dal PdR (peraltro, la letteratura in tema ha, invero erroneamente per quanto detto, ritenuto che la fattiscpeie dovesse ricalcare quello in art. 283 cp: “attentato contro la Costituzione dello Stato”, assai meno lata, soprattutto dopo la riforma forzitaloleghista del 2006: L. n. 85).
4.1 “Alto tradimento”, fattispecie non meno lata della precedente (e così voluta dai Costituenti per la medesima suddetta ragione), anch’essa inapplicabile a quell’ineccepibile uso del potere, fatto dal PdR, qualunque “nazione straniera” (invero mitologata “dalla Meloni”) lo avesse contornato (peraltro, la fattispecie, nella letteratura in tema non riesce ad avere palpabili spoglie, tanto che, o è chiamata a ricalcare la precedente, contraddittoriamente; o a ricalcare improbabili fattispecie di diritto penale militare; o infine a calcare la violazione del “giuramento di fedeltà alla Costituzione”, prestato dal PdR al momento della investitura. Singolare, perciò, la fermezza concettuale “della Meloni”).
4.2. Dunque accuse pretestuose, intese tanto a rimproverare al PdR la sua (inattesa) ribellione all’interpartitico patto governativo quanto ad assoggettarne l’attività futura (Mattarella reincaricherà Conte e terrà a ministro, pur in altro dicastero, Savona). A conferma: accuse gestite in piazza, a fomentarne i linciaggi, accuse di rappresentanti del popolo paradossalmente soppressive dell’organo rappresentativo e delle sue prerogative, il Parlamento.
5. Reagisce la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, ravvisando il delitto di cui all’art. 277 del codice penale, per attentato alla libertà individuale del presidente della repubblica (e altro delitto, di “offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica”: art 278 cp) . Ma nel sistema del codice penale, la “libertà individuale” è libertà della persona (Libro II Titolo XII, Capo III, Sezione II). Laddove gli attacchi al PdR ebbero ad oggetto il suo potere, l’esercizio d’esso. la loro collocazione nella Costituzione, la relativa istituzione. Che altre disposizione del codice guardano, nello stesso Libro ma nel Titolo I, dei “delitti contro la personalità interna dello Stato”, di cui il PdR è parte. Ad esempio la disposizione, in art 289 cp, che incrimina “l’attentato contro organi costituzionali”, di chi compia atti violenti diretti ad impedire in tutto o in parte, anche temporaneamente, al Presidente della Repubblica l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge…. O la disposizione, in art. 287 cp., che incrimina l’”usurpazione di potere politico” (quello del PdR, sopra illustrato, da un “eletto dal popolo”. O, addirittura, la disposizione, in art 283 cit, che incrimina l’”attentato contro la Costituzione dello Stato”,, di chi, con atti violenti, commetta un fatto diretto a mutare la Costituzione dello stato o la forma di governo (la formazione di questo da parte di “eletti dal popolo” anziché dal PdR, e con sola ombra di PdC).
6. Si è richiamata la suddetta reazione, a precisazione della realtà giuridica. Ed allo scopo precipuo di mettere in scena un possibile “contrappasso”: il capo del partito più visceralmente giustizialista, giustiziabile a sua volta. Non certo allo scopo di circoscrivere all’ambito giudiziario la reazione, effettivamente politica, al sovvertimento in atto dei poteri repubblicani.
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