Nella serata televisiva su La 7 del giorno 24 01 scorso, dal conduttore d’origine santorina, Formigli, è messo in scena l’incontro, a Davos in Svizzera, dei maggiori operatori economici e politici del Globo.
Appare un vasto ambiente che li accoglie, incontri separati più o meno ristretti, incontri più riservati, incontri a due. Quello fra il cancelliere della repubblica federale tedesca Angela Merkel e il presidente del Governo della repubblica italiana Giuseppe Conte. Appartati, seduti affiancati, poggiati al bordo di un lungo tavolo, conversano, in inglese riferisce Formigli. Per lo più parla Conte, come da mimica, Merkel ascolta, attenta e con poche e sobrie reazioni espressive.
D’improvviso lo scoop.
Il conduttore narra che la sua equipe, pazientemente leggendo il movimento delle labbra, ha ricostruito quanto Conte diceva “in buon inglese”. E subito ne mette in onda la trascrizione della traduzione in italiano:
Conte avrebbe confidato a Merkel della competizione fra i due partiti al Governo, Cinquestelle e Lega, per la conquista e la conservazione del consenso popolare. Dell’attenzione reciproca alle rispettive mosse politiche. Della preoccupazione dei Cinquestelle per un possibile calo del consenso popolare, segnalato da alcuni sondaggi. Dell’attento studio reciproco delle prossime mosse elettorali. E via dicendo.
Quindi il conduttore, non pago della mostra del contenuto della conversazione, ne avvia un (pur breve) commento in sala.
Orbene, costui ha avvertito:
che la conversazione era riservata?
Che avveniva in luogo riservato benchè da altri frequentato?
Che avveniva fra politici, esponenti apicali del rispettivo Stato, incontratisi (anche) come tali?
Che perciò avrebbe avuto ad oggetto questioni politiche, se non di Stato?
Che era quindi inaccessibile da estranei, perché tale, (tendenzialmente) segreta?
Che era quindi (clandestinamente) captata, con la lettura dei movimenti labiali e di altri mimici, dei conversanti?
Che per ciò ne era violata la riservatezza se non la segretezza?
Che, in ciò violata, non era comunque divulgabile o rivelabile?
Che captazione divulgazione rivelazione, erano vietate da plurime norme del diritto privato, pubblico, perfino penale (basti richiamarne due, plausibili, dei “delitti contro la personalità dello Stato”:
quello di procacciamento di notizie che “nell’interesse politico”, se non “per la sicurezza” dello Sato, debbono restare segrete (art 256 cp);
quello di rivelazione di notizie di cui sia stata vietata (anche implicitamente) la divulgazione (art 262 cp)?
E comunque, non ha avvertito, il conduttore, che se la captazione non avesse appreso quelle notizie, avrebbe potuto apprenderle?
Esse, o altre notizie riservate o private, inaccessibili indivulgabili sotto minaccia di sanzione penale e civile?
Verosimilmente no, come d’altronde indicato dalla alterità, alla materia, del conduttore nel suo insieme, istintivo quando non passionale, spontaneo quando non “naturale, incongruo. Alterità alla materia, d’altronde, quale alterità al diritto in genere , alla effettività delle sue prescrizioni, della sua pretesa, siccome emanazione culturale insopprimibile, di regolatore capillare della azione e della interazione sociali.
Esattamente la alterità che pare oramai connotare la maggior parte della attuale dirigenza politica e istituzionale.
Ma ciò che acutamente impressiona è che, la alienazione, sia stata celebrata, tutta, alla presenza, in scena e/o nei dintorni, del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, supremo garante della effettività del diritto: lì, mentre essa evolveva, impassibile come una mummia.
Pietro Diaz
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