L’art 16 del decreto-legge in corso di approvazione dal governo (e/o di emanazione dal PdR?) proroga lo “stato di emergenza” oltre il 31 luglio venturo, giorno nel quale scadrebbe, secondo la previsione della Dichiarazione dello “stato di emergenza” ( del 31 gennaio passato).
Il decreto potrebbe giuridicamente contenere quella disposizione?
1.Anzitutto, esso dovrebbe trovarsi (formalmente) dinanzi allo “stato di emergenza”, sia quale stato di fatto, sia (soprattutto) quale stato di diritto.
Stati che esso (verosimilmente “a sua insaputa”, di fatti adesso li suppone) ha dissolto giuridicamente col decreto legge 23 febbraio (e col primo coevo dpcm).
E non perché l’emergenza fosse (materialmente) cessata, ma perché, esso, la ha convertita in ”stato di eccezione”, nozionalmente (certo) “emergenziale”, ma politicamente ( e giuridicamente) assai più, “eccezionale”, appunto. Lo stato nel quale il corso del diritto vigente è soppresso o sospeso, insieme al corso dei fatti e degli atti e dei poteri e dei doveri da esso regolati (e prelusi).
E dove soppressione o sospensione fanno affiorare nuovi poteri ( di fatto e facentisi diritto), “pieni poteri” (Schmitt C, Agamben G.), poichè destitutivi di quelli operanti.
Poteri, quindi, i nuovi, non derivativi (dai precedenti) ma originari, autocratici monocratici ademocratici, che esercitandosi sulle ( e puntando alle) cose ( beni economici sociali morali politici giuridici istituzionali) non possono non farlo anche (o anzitutto) sulle persone (nella totalità delle loro funzioni esistenziali ed essenziali e perfino opzionali…).
2. Per semplificare la complessità di tanto processo, basta osservare che, con la dichiarazione dello “stato di emergenza” del 31 gennaio passato (art 24 dlgs n.1 2018)- sebbene non preceduta dalla dichiarazione dello “stato di mobilitazione” (art. 23 s.l.) indebitamente (inspiegabilmente?) preterita dal Governo-, prendeva vita l’ordine giuridico (in deroga all’ordinario ma col limite del principii generali dell’ordinamento giuridico “interno” e delle norme della UE: art 24), che quale mezzo (fonte) della normazione generale e particolare (interna), adotta (e impone) l’ordinanza.
Concedendola a tutti i potenti o fungenti del Servizio nazionale della protezione civile (art.1 1. “il sistema che esercita la funzione di protezione civile costituita dall’insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo..”), per tutti i provvedimenti necessari od opportuni al trattamento dell’”evento calamitoso” (artt. 2, 7 s.l) dalla sua apparizione alla risoluzione; al completo accudimento durante il suo ciclo (Art. 2: 1. “Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, alla gestione delle emergenze e al loro superamento”.). Ordinanza per ordinanti (non “decretanti”!), quindi (art. 25 Dlgs cit.. 1. Per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile; con ordinanze si provvede anche al “rientro nell’ordinario”: art. 26), dal Capo della protezione civile ai presidenti di giunte regionali di province autonome ai sindaci comunali o metropolitani) (art 5, 6 s.l.), a tutti gli operatori previsti dal Codice della protezione civile (artt 3,4,6,9,10,11,12 etc. ), istitutivo del Servizio nazionale della protezione civile , inquadrato nel Dipartimento della protezione civile, facente capo alla presidenza del consiglio dei ministri ed al suo titolare- ma esclusivamente in ruolo programmatico e concertativo, dell’attività dei suddetti, e non diversamente da essi munito del potere di ordinanza (non di decreto!), tuttavia per lo più delegato al Capo della protezione civile (art 5 s.l.)-. Microcosmo giuridico “in deroga”, autosufficiente, autorefente, esclusivamente competente (anche in senso giuridico) alla gestione dell’evento calamitoso e delle sue conseguenze; concluso e concludente in sé stesso, inevadibile da chiunque.
3. Eppure da esso, cui – ratione objecti atque subjecti- non sarebbe neppure passato per la mente di arrestare il corpo sociale, di interdirlo da ogni funzione (sebbene, molte, inviolabili per Costituzione), è evaso il presidente del Consiglio dei Ministro (sebbene vertice del Dipartimento) :
3.1 nel fatidico 23 febbraio 2020, allorchè, convocato il Consiglio dei Ministri, compose un decreto legge prefigurante misure di coercizione (personale e reale) attuabili mediante decreti del presidente (dpcm). Prefigurante quindi misure non “provvedenti” (art. 77 cit) “qui e ora”, come dovuto e atteso dal decreto legge), ma che provvederanno (che, cioè, lo faranno non per urgente e straordinaria necessità, sebbene requisiti imprescindibili della decretazione con “forza di legge”) con dpcm.. Che il decreto governativo è parso ( a più d’uno) delegare, pur non potendo né dovendo, non possedendo, esso, altro potere che quello di provvedere a “casi di straordinaria necessità ed urgenza!. Dpcm, peraltro, atti amministrativi rientranti ab origine nella competenza del Presidente del Consiglio espletante funzioni amministrative (e quindi, non generati né abilitati dallo stato di emergenza, sibbene negati da esso, per quanto detto ).
3.2 Decreti presidenziali e governativi completamente estranei, quindi, allo strumentario normativo della “protezione civile”, tanto quanto a questa ed alle attività facultate o imposte (art. 2 s.l.).
Ma comunque sia.
4. A parte la questione se, il decreto legge “provvediment(o)” , ex at 77 cost., adottabile ( si diceva) solo nei ”casi di straordinaria necessità ed urgenza”, a poco meno di tre mesi dalla scadenza dello “stato di emergenza”, cioè ben prima che possano valutarsi opportunità o necessità della proroga del termine, e comunque ben prima che possa stabilirsi quale possa o debba essere l’entità del nuovo termine, lo fosse nella fattispecie.
Qui si tocca la questione, più radicale, del potere del governo di impiegare il decreto legge quale atto (giuridico) di proroga del termine dello “stato di emergenza”, sicuramente altro da quello che lo ha deliberato e dichiarato (art 24 cit.). Non solo perché, esso, è interno al proprio ordine giuridico cui quello è esterno. Non solo perché atto prodromico (introduttivo di quell’ordine giuridico) e’ procedimentale non extraprocedimentale. Non solo perché, procedimentale, è attuativo dell’ordine giuridico e non innovativo (dell’ordine giuridico comune) come il decreto. Non solo perché, procedimentale, è atto dichiarativo ( di uno stato) e non iussivo (né di stato né di atto). Ma perché, modificando la proroga di un termine, non da altro che dall’atto (e dall’attore) giuridico indicativo di questo, non potrebbe non pervenire. Non potrebbe che uscire dalla medesima situazione (giuridica, oggettiva e soggettiva) di potere ( di dichiarazione di uno stato per un dato tempo). Si noti in proposito che, per art 24 cit., “l’eventuale revoca anticipata dello stato d’emergenza di rilievo nazionale è deliberata nel rispetto della procedura dettata per la delibera dello stato d’emergenza medesimo”.
4.1 Restando ovviamente inconferente (irrilevante) la (eventuale) identità del soggetto (che potesse sia la dichiarazione ex art 24 cit. che il decreto legge ex art 77 cost.) Perché l’identità solo istituzionale, non funzionale, sarebbe. .
Ovviamente ripetesi.
Ma non è da escludere che il “governo Conte” la abbia ritenuta conferente…
pietro diaz
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