ALBERTO CRESPI AD OPERA

Regista di film in difesa di detenuti derelitti relegati reietti sventurati sciagurati azzerati – “Spes contra spem” (il suo titolo più noto), significante (paolinamente e, poi, pannellianamente): essi siano, piuttosto che abbiano, speranza-, è stato interrato (vivo) ad Opera (Milano), in esecuzione di pena di oltre sei anni di reclusione.
Condannato da Cassazione penale – da “giudice di legittimità”, guardiano della applicazione (propria e altrui) delle leggi della repubblica-, per reato di “concorso esterno in associazione di tipo mafioso” (avrebbe procurato voti politici ad uno sconosciuto mobilitando sconosciuti!).
Non (nemmeno!) un “reato associativo”- formato (esclusivamente!) di insiemi di persone, di persone associate che pensano malaffari, un reato di pensiero malo collettivo (!)- , ma un “reato di contiguità”, all’or detto, secondo neologismo che ha tentato di camuffare l’aborto logico (della contraddizione in termini) del “concorso esterno” di una persona ad un reato.
Ha cioè tentato di dissimulare il collasso della mente compositiva, che la regola (millenaria) del concorso di persone nel reato – le quali, commettendolo, non potrebbero che farlo dal di dentro, non dal di fuori (in corcorso interno, mai esterno!-, mai avrebbe (neppure) ipotizzato, Condannato da Cassazione, quindi, Crespi, per un reato non solo nominalmente assurdo (oltre che, fattualmente, pericolosamente aperto a qualunque scorribanda identificatoria, e, pertanto, inquisitoria), ma inesistente; e per conseguenza, condannato ad una pena inesistente (poiché, se non c’e reato non c’è pena, sua inseparabile appendice), nella legge penale vigente!.
Condannato perciò fuori, contro, senza, la legge, quindi, in (mortale) affronto al “principio di legalità del reato e della pena” (art 1 codice penale: se chiunque o qualcuno del popolo debba penare per reato, lo stabilisce il Popolo, in Parlamento con propria legge, non altri, non Cassazione con propria sentenza !).
Condannato quindi illegalmente, dinanzi alla legge comune, e, di più, alla legge costituzionale. La quale ultima, (anche) per impedire alla prima (che potè farlo nell’ “Era Fascista”) di annullare (perchè di pari forza e grado) il principio in art 1. cit., , la sollevò (1948) al proprio rango, imponendole irrevocabilmente di vietare, a chiunque, di punire per reato senza che una legge lo prevedesse.
Condannato quindi, Crespi, con illegalità non solo comune ma anche costituzionale, a supremo spregio della norma fondamentale della repubblica!
Ma la vicissitudine sua, e del diritto (e della scienza) penale, e dello “Stato di diritto” è ben lungi dal finire qui.
Cassazione (oramaI) condanna per “concorso esterno” a “reato associativo” dall’anno 1994 (circa) –d’altronde, che il reato non esista se non nei suoi Massimari (a malgrado delle sedute medianiche -evocative- tenute da legulei facinorosi), lo ha detto a chiare lettere la CEDU (corte europea diritti uomo) che ha disposto riabilitazioni e risarcimenti di condannati per “fatti” (di “concorso esterno”) precedenti il 1994, poiché non previsti (non solo dalla legge ma nemmeno) dalla giurisprudenza italiana prima di quell’anno!-.
Sono quindi centinaia (se non migliaia) gli innocenti, intangibili, inviolabili per legge, tuttavia interrati nelle carceri, avulsi dai contesti esistenziali e sociali, espulsi dalla convivenza civile, disfatti, annichiliti. E con loro i vicini, congiunti o no.
E son 26 anni che le istituzioni contigue (Militari o di Polizia o di Media) vi partecipano; che altre istituzioni guardano a ciò insensibili.
E che una istituzione sopratutte, dovendo vietarlo, lo permette. Il Parlamento, facitore del diritto, custode d’esso (mallevadore della separazione dei Poteri: Cassazione legislatrice?! ), il quale, ben conscio della sottomissione di sé medesimo al “principio di legalità penale” – quando voglia punire reati, deve farlo con legge -, conscio quindi della irrinunciabilità che alcuno punisca se non per legge, non potrebbe ammettere che alcuno (financo, come Cassazione, assolutamente privo del potere di legiferare), si ribelli al principio, lo sovverta, e facendo legge e giustizia da sé, imperversi nell’ordinamento giuridico nazionale.
Al suddetto Parlamento, peraltro, basterebbe poco per vietarlo: l’emissione di due righe di “legge di interpretazione autentica” che (all’incirca) suoni: il reato associativo non puoi fertilizzarlo col reato concorsuale; gli articoli 110 e 416 bis cp (a altri simili), oggi connubenti, divorzino!.
Ma se continuerà nell’inerzia, dovrà confessare che la sovranità non appartiene al popolo e per esso al Parlamento, essa appartiene a Cassazione…
pietro diaz

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