L’occhio torpido, torbido, inattendibile, toglibile alla tenebra, soltanto, dal luccichio (giallognolo) dei denti anteriori (incontinenti come molari, da carnivoro di forma antecedente la evoluzione alimentare), alla dilatazione, sardonica, delle labbra camuse, l’occhio di “alfano” (l’escrescenza tumorale del tessuto sociopolitico, l’infezione letale della repubblica), si fa avanti, ostile, per dire, che le parole, pur morienti al nascere, di un sepolto vivo (nel “cemento armato” del 41 bis), il “tipomafioso” Riina, rivolte al “tipoantimafioso” Dimatteo (un magistrato), rappresenterebbero un “attacco allo Stato”.
Ora, a parte l’arditezza dell’ identificazione, del potere “di tipoantimafioso”, con lo Stato, e, prima, quella della supposizione della minacciosità verbale dei sepolti (due eccessi da irregolarità politologia e materiologica):
potere “di tipoantimafioso”e “di tipomafioso” non pervennero a trattativa, secondo la (stessa) elucubrazione (pseudogiuridica) di quel magistrato (e di altri)?
Dunque, semmai, non rappresenterebbero, le parole di Riina, inadempienza contrattuale, anzichè “attacco allo Stato”?
Ma a quel “tipod’occhiod’alfano”, non potrebbe non sfuggire finanche l’ovvio…