“Senti che puzza, scappano anche i cani, sono arrivati i napoletani, colerosi e terremotati, con il sapone non si sono lavati”:
l’inno etnologico si sarebbe levato da un gruppo di leghisti capeggiati da tale “Matteo Salvini“, detto deputato al parlamento italiano ed a quello europeo, esponente della etnia che da venti anni circa ha conquistato il potere politico nazionale, lo esercita incontrastatamente nella sede legislativa, esecutiva, giudiziaria (da qualche tempo il direttore nazionale antimafia è consulente o mentore giuridico del ministro dell’interno tal “Maroni”, che ricambia con atti legislativi molto richiesti: confische di patrimoni per semplice sospetto di mafia, affidamento di essi a corpi di polizia ben lieti etc);
ebbene, quell’inno sia considerato summa ideologica prasseologica politica, ed anche estetica ed etica, del potere politico italiano…
Per quattro poliziotti che, ebbri della forza “istituzionale” assegnatagli senza limiti da uno Stato tronfio di militarismo, che li lusinga e li privilegia, massacrarono di botte, fino ad ucciderlo pienamente consci, un tenero ventenne colpevole di percorrere la strada ove ancheggiava la loro tracotanza, “Aldrovandi”, il piemme di quello Stato (che potrebbe chiedere dieci anni per uno scippo con pistola giocattolo, dieci per il palpeggiamento a sopresa della spalla di una donna, dieci anni per mezzetto di cocaina, trent’anni per un chilo) ha chiesto poco più di tre anni di reclusione, per omicidio colposo, che sarebbe doloso (di “dolo eventuale”) quando fosse vilato il rosso ad un crocevia frequentato e scapasse il morto.
Ancora una volta dunque poliziotti, “uomini dello Stato”, immunizzati dal rigore che per fatti infinitamente meno gravi è riservato a qualunque altro cittadino.
Ma poiché avrebbe potuto, il piemme, perfino, chiedere assoluzione, di essi, i genitori dello sventurato ragazzo lo hanno a lungo applaudito, riconoscenti.
Sentimento, di riconoscenza, non infondato, rettamente avvertito nelle sue ragioni, dato che, il Tribunale, “per un pelo” non ha assolto, “condannando” a sei mesi di reclusione…
Nella teocrazia quale quella iraniana, il disobbediente politico, religioso o “civile”, è “mohareb”, “nemico di dio”, e come tale potrebbe essere impiccato per processo sommario:
a ben vedere quei “nemici di dio“, disobbedienti a precetti poltici o religiosi e civili, somigliano incredibilmente ai “nemici dello stato”, perseguitati dagli apparati della oppressione e della repressione sparsi sul territorio italiano, condannati con processo sommario a reclusioni perpetue o quasi, ma anche impiccati, per pena capitale indiretta, tutti coloro, non pochi, che, intolleranti la estrema ingiustizia, si impiccano tra le mura del carcere…