La “sovrastruttura” “in folle”
Alla “monogamia” (unione di due individui) appartiene, già etimologicamente (nella parola stessa), sia la eterosessualità (maschio e femmina) che la prolificità.
Altrettanto alla “poligamia” (unione di più di due individui), “poliginica” (un maschio più femmine) o “poliandrica” (una femmina più maschi).
Al “matrimonio” (munus: la funzione, della mater: la genitrice, di procreazione e di conservazione della prole), appartengono, già etimologicamente, monogamia e (a sostrato più naturalistico) poligamia.
E al “patrimonio” (munus: la funzione, del pater: il genitore, di mantenere la genitrice e la prole), appartiene, già per etimologia (complessa), il matrimonio e quanto ad esso appartenga (monogamia e poligamia, dicevasi).
Dunque eterosessualità e prolificità, e unione, sono il sostrato materiale, col patrimonio, del matrimonio.
E, inoltre, sono l’origine della sua formulazione lessicale.
E, inoltre, sono l’origine del suo diritto, prima “naturale” (espresso dalla consuetudine dall’uso e dal costume), poi “positivo” (espresso dai legislatori): e delle sue formulazioni, omofone e omologhe a quella lessicale.
Insomma il matrimonio, con i suoi sostrati, è la “struttura” del proprio diritto, della “sovrastruttura”.
Con le loro varianti storiche:
ad esempio, la attribuzione (legislativa) della più recente “potestà”, anzi “responsabilità”, “genitoriale”, a tutte le componenti genitoriali, invece che ad una, ricalca la evoluzione della ” patria potestà'”, sortita dalla vittoria epocale del “diritto paterno” sul “diritto materno”, sulla “matria potestà” (dell’era in cui pater incertus est, perché non occorre si sappia chi sia; in cui la femmina e’ poliandrica e la prole trae riconoscimento sociale da lei, per munus matris, per matrimonio, appunto).
E la “famiglia” (l’insieme dei famuli, degli inservienti, anzi “schiavi”, in origine), è il suo sottoprodotto (non solo lessicale)…
Orbene, se alla sovrastruttura (alla copertura di una casa, esemplificando) si tolga la struttura (la casa), essa crolla o si deforma e defunge (cessa di fungere, di interagire con la struttura, eventualmente “ristrutturando”).
E ciò, precisamente, accade, se si sostituisca la struttura, della unione eterosessuale e prolifica e matrimoniale, con la unione omosessuale, improlifica immatrimoniale. Caduta la sovrastruttura, l’altra struttura sarebbe nuda, inerme, e impotente. Oppure, scomposta da un diritto artificiale, innaturale, inconseguenziale, irreale tanto da apparire grottesco, per la improprietà del suo lessico alla realtà effettiva.
Eppure, è il singolare tragitto di un movimento socioeticopolitico (quello degli omosessuali, pevalentemente), evolutivo se non rivolutivo (basti ricordarne la immane soggezione, perfino a pene capitali, che lo schiaccia in vari paesi del globo, e dalla quale, lentamente, si affranca), laico e, qui, vittorioso, che tuttavia agita la pretesa di sottomissione, anche lessicale, alla sovrastruttura più clericoreligiosa, regressiva, oppressiva, del diritto matripatrimonialemonogamicofamigliare…
Tragitto che, all’opposto, dovrebbe riprogrammare (anche per le collettività e la storia):
ripristinando il rapporto necessario fra fatto e diritto, producendo il proprio diritto, traendolo dalle componenti materiali e immateriali delle proprie unioni, proponendolo, testimoniandolo, affermandolo.