Diritto processuale sismatico
Domanda del giornalista: “E’ vero signor procuratore (di Rieti) che il Comune (terremotato) ha chiesto l’ “incidente probatorio” per il crollo delle sua case? Risposta: “Non e’ previsto che la parte civile chieda l’incidente probatorio..” .
Ha diffuso l’intervista un Quotidiano.
“Parte civile” in un procedimento nemmeno iniziato o, se iniziato, ancora in fase di indagini? La legge non la prevede.
Prevede se mai la “persona offesa”, che e’ soggetto processuale ben diverso da quello, lo scambio dei due e’ sconsigliato a chiunque, e’ vietato al magistrato, in sede sia giudiziaria che stragiudiziaria, avendo sempre, egli, obbligo di corretta auto ed etero informazione (e formazione).
Per giunta, la “parte civile” (alias “persona offesa”) non potrebbe chiedere l’incidente probatorio?
Eppure la legge prevede che possa. Al meno, che possa chiedere al pubblico ministero che chieda l’incidente probatorio.
Ora, se non fosse sismica, sul piano della sicurezza e della incolumità giuridica delle persone, la condizione di quella magistratura (come la potenza tellurica che ha scosso il territorio sul quale essa giusdirebbe “sismologicamente) certo non sarebbe antisismica…
Tanto meno se, quella condizione, fosse diffusa nel territorio…
Vescovo s(c)ismatico (dalla logica elementare)
“Non e’ il terremoto che uccide ma l’opera dell’uomo”, ha omilato ispirato e fervido un vescovo dell’area, alludendo ai difetti costruttivi o riparativi delle residenze cadute sotto il terremoto apenninico d’agosto.
L’opera dell’uomo di insellamento e di cavalcamento della terra di cui è parte? di comprensione che un altro modo, d’essi, potrebbe evitare o ridurre che si uccida? l’opera dell’uomo di escogitazione e formazione delle tecniche relative? Dell’uomo che ha iniziato a a comprendere come non morire, di terremoto, e che e’ morto prima che potesse iniziare a farlo ?
Sarebbe questa l’opera dell’uomo che, insegnandogli a (soprav) vivere, ucciderebbe?
Pare uccidere solo, o assai più, l’omelia del vescovo..
Dio e popolo
“….ho chiesto a Dio …e ora che cosa facciamo?”, riferisce “il vescovo” celebrante l’ufficio funebre, davanti le salme …
“ …ditemi che cosa volete che faccia e lo faro’”, invoca “il capo del governo” dai terremotati (“mentre la moglie Agnese versa lacrime davanti trentacinque bare”… esprimendosi come potrebbe, si suppone, e in rappresentanza della nazione…!)- .
Le due interrogazioni sono simili, simili essendo gli interroganti, ignari e impotenti allo stesso modo, e gli interrogati, dio e popolo, allo stesso modo metafisici (se non immaginari).
Ma mentre al vescovo sono permesse l’ignoranza e l’impotenza del reale, a lui congenite e congeniali poiché sapiente e potente dell’irreale da ben duemila anni se non da duemilasettecento (dall’apparizione neotestamentaria del suo informatore, Jesus, se non da quella veterotestamentaria di Jhavè); al “capo del governo” sono precluse, avendo, egli, dovere di sapere e di potere, quale organo superiore di pubblica amministrazione del reale sociale…
Onde, mentre l’implorazione del vescovo è patetica, l’invocazione del capo del governo è illecita, tanto da essere ridicola, perché istituzionalmente inimmaginabile….