Interrogata sull’avere lanciato dalle scale del carcere ove era rinchiusa i suoi due bimbi uccidendoli risponde: ho inteso liberarli.
Erano carcerati come lei, pur non essendo accusati, a differenza di lei. Quindi, il Paese incarcera non solo l’ accusato ma anche chi non lo sia, o chi, avendo meno di quattordici anni, comunque e’ improcessabile.
Tuttavia, interrogata Alice, una giovane tedesca, non lo è stato chi la teneva in carcere insieme ai bimbi, dal secondino al capo del Dap, sebbene certamente concausanti l’eccidio, pur se per ordine altrui.
Nè lo è stato l’ordinante l’incarcerazione di Alice, il giudice, che la ha incolpata di avere detenuto dieci chili (lordi) d’erba celandola nei pannolini dei bimbi. Sebbene anche lui certamente concausante l’eccidio.
Lui, peraltro, incarcerante senza che alcuno o alcunché glie lo imponessero, anzi benché molto glie lo vietasse, o comunque gli permettesse di non farlo (artt 1, 2 l. n 62 2011):
essendo prescritto che non si incarceri la madre di bimbi sotto l’anno, salve eccezionali esigenze di custodia (manifestamente assenti). Tanto meno se queste siano altrimenti soddisfacibili: offerto l’arresto domiciliare, é stato rifiutato.
Insomma, se il giudice aveva il potere, di incarcerare, non avendone il dovere, lo ha esercitato assai male, coinvolgendo inaccusati, per di più infanti, completamente inoffensivi e certo gravemente offendibili.
Non interrogato costui, non lo è stato nemmeno chi gli dette il potere di incarcerare chi non fosse ancora condannato. E il potere di condannare, e di incarcerare, chi maneggiasse erbe quasi fossero esplosivi, senza, ad un tempo, imporgli di condannare chi maneggiasse alcool o tabacco, micidiali assai più degli esplosivi (su base annua e mondiale).
Non è stato interrogato, quel legislatore, certo anch’egli concausante l’eccidio, malgrado avesse avuto la sfrontatezza di equiparare l’inequiparabile, erbe ed esplosivi, quanto a dannosità sociale; e la sfrontatezza di non equiparare, quanto a pena, alcool o tabacco ed erba (tutte sostanze ricreative, l’ultima anche sanitaria, ma le prime micidiali, si ricorda). Sfrontatezza di potere assoluto, di arbitrio puro, intollerante di subordinarsi a logica etica civiltà politica diritto, così come intollerante di ogni insubordinazione sociale. E di fatti nell’ultimo quarto del ‘novecento ha dato avvio a persecuzione e sterminio delle neoculture giovanili “psichedeliche”, divarianti o dissenzienti o disobbedienti, comunque altre dalla propria. La persecuzione e lo sterminio dei diritti individuali e collettivi sottesi, con inusitata violenza etnocida, poi estesa alle masse indistinte del consumo ricreativo e perfino sanitario.
Ebbene, nessuno dei predetti è stato interrogato sulla propria opera, se dovesse o potesse giungere a concausare quell’eccidio, o se dovesse fermarsi ben prima.
Cosicchè.
Alice approda ad una sorta di “terra dei Lestrigoni” (al pari degli sventurati erranti dell’Odissea come dei migranti contemporanei) recando l’erba di cui si nutre personalmente e di cui forse nutre i suoi bimbi convertendola in panni e cibo e riparo. Avendone diritto e dovere che esercita con ciò che ha (estranea, non per sua volontà, alla economia “legale”, va alla “illegale”).
Inoltratasi, è ghermita da un nugolo di armati; gettata in una cella con i bimbi in attesa del giudice, da costui giudicata passibile di annientamento personale, per la familiarità con l’erba (chi uccide l’erba?), è chiusa in carcere.
Lì essa è invasa da un tale sentimento di ingiustizia, “legale” ma sopraffattrice della giustizia umana; è ferita da un tale senso di tirannia, da divenire Medea tradita da Giasone smanioso di potere: nella tragedia euripidea.
Ed acquisisce una tale consapevolezza della legge giusta di contro alla legge ingiusta, da divenire Antigone, che la oppone alla tirannia di Creonte: nella tragedia sofoclea.
Per ciò, ella è cosi fieramente adontata, sdegnata, irata:
che, i bimbi, non li lascia in terra empia, quale Medea li allontana per sempre. E per sé, incarcerandosi senza fine, quale Antigone si avvia al suicidio.
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