4 – 12 – 2009

Il Direttore della amministrazione penitenziaria, un pubblico ministero “in aspettativa”, proscioglie, nel procedimento interno, la polizia penitenziaria, dall’accusa di omicidio volontario di Stefano Cucchi, colpevole della detenzione di pochi grammi di droga, la proscioglie in applicazione del “diritto vivente“, del quale il suo ufficio è promotore nazionale, per cui, quando dia troppo scandalo, agli “spacciatori” va inflitta la pena di morte, senza processo, ciò che peraltro al “diritto vigente” non è ignoto, se può infliggere cinque anni, per “patteggiamento sulla pena”, e perfino l’ergastolo, per processo abbreviato, deciso sulla scorta degli atti dell’accusa.

Pena di morte, nel “diritto vivente”, per omicidio o anche per induzione di suicidio, quale quella, oscillante tra l’uno e l’altra, l’ultima di serie infinita, di R. Pellicano, carcerato per avere rubato due teli, per una causa talmente eccedente il comune sentimento morale, da non potere non annichilire chi ne sia investito.

Questa voce è stata pubblicata in frammenti. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.