il parlamentare radicale, l’altro ieri, ha proposto agli omonimi di proseguire i lavori in videoconferenza, ad evitarne la sospensione (per tema di contagio da covid19) La sospensione, niente meno, della funzione in una democrazia parlamentare. Oltre che nell’ora in cui il potere decisionale più invasivo e menomativo delle libertà personali generali è in pieno esercizio da parte del Governo.
“Non se ne parla neppure!” si è sentito rispondere.
Ovviamente, giacchè
Dandosi avvio alle assemblee in videoconferenza, sarebbe presto apparsa la superfluità della forma palatina d’esse, dei Palazzi stessi. Quindi delle confluenze (degli addetti) ad essi, le trasferte per essi, le permanenze “in sede e fuori sede” presso essi. Et similia.
Quindi sarebbe apparsa la possibilità (oltre la immane convenienza economica) di disseccare le fonti, i flussi, del più sconcio lucro personale che i parlamentari ( in “ autodichia”) abbiano istituito. Lucro, d’altronde, per la maggiore parte d’essi, immoralmente, unico scopo dell’esercizio della politica.
Non solo, ma con la nuova forma di assemblea sarebbe apparsa la possibilità del controllo popolare immediato, d’essa. Per teleaudiovisione. Controllo diffuso socialmente tanto quanto lo sono gli apparati relativi. Capillarmente.
E sarebbe apparsa la possibilità della interazione immediata, fisica, del parlamentare con l’elettorato, quando da questo topicamente avesse operato.
E inoltre la possibilità della costanza, della intinterruzione, della attività parlamentare, sollecitabile e condensabile ogni istante ovunque il parlamentare fosse.
EBBENE
I parlamentari avrebbero potuto ammettere così insidioso attentato alla loro autocrazia, aristocrazia, oligocrazia, plutocrazia? Alla loro netta separatezza dal Popolo (dissimulata dai nominalistici quanto enfatici richiami ad esso)?
Hanno risposto chiudendo il parlamento, “fino al venticinque di marzo”. Prossimo o remoto?
pietro diaz