MA LA SENTENZA SU BERLUSCONI NON E’ CHE L’ENNESIMA, IN CASSAZIONE PENALE ANTIPRESCRIZIONE…


La corrispondenza al vero del contenuto della conversazione del giudice A. Franco con S. Berlusconi – assertiva dell’abuso decisorio in danno del secondo-, (almeno) in un paio di punti è supponibile:

1. il punto della imminenza della prescrizione del reato per decorso del tempo (pur se, come qualcuno ha insinuato, il suo calcolo fosse stato distorto per simularla);

1.1 il punto della corsa alla prevenzione della prescrizione, dapprima mediante accelerazione del deposito della sentenza di appello e quindi del termine per la proposizione di questo. Indi mediante accelerazione, in Cassazione, della udienza di trattazione (fino a mobilitare una Sezione feriale), prossima al giorno della prescrizione (punto tanto più eloquente ove l’imminenza della prescrizione fosse stata simulata, come cennato) .

1.2 Ma se tali punti sono certi (d’altronde, è stata la ANM, l’altro ieri entrando nella disputa sulla conversazione suddetta, ad evocare l’imminenza della prescrizione per giustificare l’intervento della Sezione feriale!), da essi è possibile trarre una più estesa corrispondenza al vero della conversazione, impiegando (quale “massima di esperienza” deduttiva) una prassi di Cassazione penale giudicante.

1.3 Che da più di trent’anni oramai, è divenuta nemica delle norme estintive o attenuative o scusanti dei reati, amica delle norme conservative o aggravative o inescusanti dei reati ( nemica ed amica, si noti, incondizionatamente. Perché altrettale, simmetricamente, rispetto alle funzioni difensiva e assolutoria, accusatoria e condannatoria). Ciò per involuzione culturale indotta da connivenza cointeressenza convivenza (date a loro volta, è ritenibile, anche dalla mancata “separazione delle carriere…”) con la sua componente requirente (la procura generale presso la stessa, sintetizzante, oltre che ispirante, le procure di ogni grado del territorio nazionale)-
Prassi che, in materia di prescrizione del reato, ha escogitato due mosse.

2. La prima.

Quando la prescrizione si affacci dopo il ricorso per Cassazione, il tracciato verso la prevenzione è quello esemplificato dal caso Berlusconi (sub 1.1.). Essa è attuata mediante accelerazione della udienza di trattazione che preceda o coincida il giorno della prescrizione (se non anche, come nel caso citato, mediante tutioristica accelerazione del deposito della sentenza di appello e quindi del termine per la proposizione di questo). Indi mediante rigetto ( talvolta anche mediante declaratoria di inammissibilità) del ricorso. La cui decisione, finalizzata come è, macroscopicamente, alla prevenzione suddetta, raramente è (supponibile) vogliosa di approfondimento fattuale e giuridico.

2.1 E’ quindi paradossale la sopra cennata evocazione , da ANM, dell’imminenza della prescrizione a spiegazione della trattazione feriale del ricorso. Perché proprio tale imminenza giustifica la supposizione della strumentalità del rigetto!

2.2 E nello stesso grado è paradossale il rilievo, fatto da taluno su una rivista (recentemente evocata), per cui sarebbero fissate le udienze in prossimità della prescrizione per dare la possibilità, tanto all’accusa di ottenere la (conferma della) condanna quanto all’accusato di ottenere l’assoluzione. Paradossale anzitutto alla luce del rapporto numerico delle condanne alle assoluzioni!!! Poi alla luce delle norme processuali: che (contrariamente al rilievo) permettono l’assoluzione anche a prescrizione compiuta (art 129.2 cpp)!!

3. La seconda.

Data la norma processuale di cui all’ art 129 cpp, per la quale la prescrizione del reato, compiuta, va dichiarata in ogni stato e grado del procedimento ( e quindi anche in ogni momento della trattazione del ricorso per cassazione), la Cassazione la ha disattivata . Con l’accorgimento della (dichiarazione di) inammissibilità dei ricorsi, fatta retroagire anteriormente al giorno della prescrizione (così, lì fermato il processo, è paralizzata la norma).
E, ovviamente, anteponendo le condizioni della inammissibilità dei ricorsi.
Come?
Per lo più affermando la corrispondenza (ad avviso della prassi!!!) dei (motivi dei) ricorsi alle condizioni ( della inammissibilità) previste in art. 606. 3 cpp. -la qualità della affermazione può essere intuita, il tecnicismo di questi enunciati può essere vinto, semplicemente ricordando taluni (ben noti e decifrabili) giurisprudenti televisivi, il cui diritto penale è in rapporto percentuale non molto alto con quello legale e dottrinale!-.

3.2 Questa seconda mossa è stata preordinata e organizzata istituendo la Sezione Settima di Cassazione penale, destinata esclusivamente alla ricezione delle richieste procuratorie di (declaratoria di) inammissibilità dei ricorsi e alla presa d’atto d’esse.

4. Le due mosse han generato serialità che han riempito di condannati il popolo italiano (in suo nome!), falcidiando incensurati e innocenti ( quali sarebbero stati gli accusati “prescritti”).

4.1 Tutto, si intende, autocraticamente (cioè indipendentemente dalla, se non contro o fuori la, legge penale) escogitato.
E sulla scorta di “principi di diritto” altrettanto autocratici (non rinvenibili in legge ma solo in Corte!)

5. Ma tornando alla (possibilità della corrispondenza al vero della) conversazione in avvio.

Basta l’uso deduttivo dei punti sub 1. 1.1, della prassi sub 1.3 , dello schema d’azione sub 2. per desumere la strumentalità del rigetto.
Questa, quindi, non abbisogna, per sostenersi, neppure del richiamo della recente sentenza (Agrama Berlusconi) del tribunale civile di Milano, che ha detto insussistenti gli illeciti ritenuti dal rigetto.

E nemmeno della “contrizione” del giudice Franco (peraltro “tentata” qualche tempo prima con l’allora consigliere del pdr Napolitano e, antea, “primo presidente” della Corte di Cassazione, E. Lupo: secondo quanto egli stesso ha ultimamente riferito!).
E nemmeno della aberrante (liturgicamente) anticipazione della motivazione (del rigetto) non ancora redatta (né ovviamente depositata), ad un giornalista de IL Mattino, dal presidente del Collegio A. Esposito (se ben si ricorda, il giorno seguente la sentenza), in un misto linguistico (secondo la registrazione fonica) italo-napoletano (nel quale invero è dubbiamente traducibile il diritto penale italiano correttamene parlato!).
Anticipazione che oggi, alla luce della (da lui A. Franco asserita) volontà di non sottoscrivere la sentenza (volontà rientrata dopo i “richiami al dovere” del presidente) assume l’aria della induzione all’adempimento, quasi una precostituzione (pubblica) del suo contenuto, per spingere ad esso.
6. Dunque disapprovabile la conversazione Franco-Berlusconi?
Se mai la prassi su esposta.
Che nel caso giudiziario di specie, (peraltro) parificato ad ogni altro, ha, di proprio, registrato l’estrinsecazione del moto interiore di un giudice, verosimilmente per la non comune dimensione sociopolitica del condannato, e degli effetti al seguito.
Ma anche, non è da escludere, a simbolo della critica generale di quella prassi.
pietro diaz

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