Il precetto costituzionale che “la giustizia è amministrata in nome del popolo” (art.101.1) non implica affatto che essa lo sia nell’interesse del popolo.
Nella teoria giuridica, d’altronde, l’amministrazione “in nome” (proprio o altrui), “in nome e nell’interesse (proprio o altrui), è ben distinta, nei contenuti negli scopi nei termini.
E la amministrazione in nome e nell’interesse altrui si ha solamente per esplicita previsione, contrattuale o legale.
Dunque il precetto costituzionale ha imposto alla amministrazione della giustizia vincolo di nome, “del popolo”, non anche di interesse, di esso o d’ altri (”altri” è identificabile anche in parte, soltanto, del popolo, essendo questo, nel nome che lo designa, necessariamente, intero).
Per cui, gia per sollecitazione testuale, letterale, formale, dovrebbe accertarsi a chi appartenga l’ interesse amministrato dalla giustizia.
Nondimeno, oltre tale sollecitazione, anche altra, sostanziale, materiale, impone l’accertamento, se (in estrema sintesi):
la abnorme entità di “giustizia fai da te”, o di resa alla ingiustizia, in giro per il Paese, è indice di malandamento, della amministrazione (pubblica) di essa, benché obbligata costituzionalmente a “buon andamento” (art. 97.1).
Indice di malandamento, abbia questo essenza quantitativa (”offerta” amministrativa inferiore dimensionalmente alla “domanda” amministrativa), o qualitativa (”offerta” amministrativa inferiore tecnicamente alla “domanda” amministrativa).
O se (impone si accerti, la sollecitazione suddetta): l’abnorme entità della “giustizia contro te”, (anch’essa) in giro per il Paese, “te” quale particolare specie, del popolo: economica: il bisognoso che ruba; politica: il dissenziente combattivo; morale: lo “spinellatore”; (sub)culturale: lo spettatore di “pornografia”; sociale: la “criminalitàorganizzata” (per lo più intorno ad un osso..);
“giustizia contro te” (per giunta intenta solo a imprigionare ed annientare quelle particolari specie, senza neppure ipotizzare, benchè funzione sociale, che si potrebbe, almeno anche: saziare la prima, ascoltare la seconda, rispettare o almeno tollerare la terza e la quarta, civilizzare la quinta, comunque, offrire anche ad esse la ricchezza materiale e morale del Paese, di cui all’opposto le deruba), mai “contro me” (per quanto delinqua, smisuratamente già in quel giustiziare solo “te”) quale indice di parzialità della amministrazione pubblica di essa, obbligata costituzionalmente ad “imparzialità (art. 97).
Le due sollecitazioni, dunque, formale e materiale, spingono ad accertare a chi pertenga l’interesse per cui è amministrata giustizia: se al popolo intero o a parte di esso (e, quindi, da altra parte contro parte di esso).
Orbene, se “la giustizia è amministrata in nome del popolo”, a chi quell’ interesse pertenga non può che giudicarlo il popolo.
Alla formazione del giudizio del popolo è offerto questo spazio.
Offerto a chiunque, del popolo, che qualunque esperienza propria o altrui con qualunque mezzo e a qualunque livello comune o professionale voglia raccontarla e giudicarla.
L’apporto sarà catalogato distintamente secondo che abbia origine comune o professionale.
L’apporto professionale che recasse atti giudiziari delle parti o del giudice potrebbe essere commentato direttamente dall’autore.