Su un presidente di Regione che offre gli impianti sanitari della sua terra per porre fine allo strazio morale e giuridico della povera Englaro il capo del partito di opposizione: “meglio che la politica c’entri il meno possibile”.
Dove è dubbio se, Egli, abbia nozione sia del caso che della politica… nozione, in definitiva, della sua funzione, di sè medesimo…
Un clerolegoneonazifascistapalese, che per compenso suona uno strumento nei complessini paesani domenicali, in nome di dio ( il suo) vieta riunioni e culti in pubblico dei credenti in altro dio.
Dove lurida non è la “guerra di religione”, ma quella civile, avverso funzioni costituenti della convivenza sociale,faticosamente rinate nel primo periodo antifascista della Repubblica.
Un clerolegoneonazifascistamimetico, alla direzione (niente meno che) di uno tra i più elevati organi della Repubblica democratica antifascista, sentenzia che gli officianti riti religiosi stranieri andrebbero obbligati ad esprimersi in lingua italiana, perchè non sfugga se istighino contro l’ordine pubblico interno.
Dove impressiona non l’imposizione ai religiosi stranieri della lingua di casa, la estrazione violenta della lingua dei loro riti, delle loro scritture, mentre i religiosi nostrani, secondo le ultime direttive papali, e la tradizione, celebrano in lingua latina; impressiona, bensì, il timore primordiale, beluino, del “diverso”.
D’altronde, contemporaneamente, un altro della combriccola, rilevando scleroticamente la esigenza della prevenzione, della istigazione suddetta, ne motiva con ciò la repressione:
“Se si può prevenire si può reprimere”;con stereotipo da caserma, come se l’alternativa tra le due azioni non potesse appartenere alla storia della politica, e se la prevenzione fosse necessariamente repressione.
I due, per altro, fanno parte del pugno di cospiratori contro la repubblica democratica che nell’anno 2001, conquistato il potere legislativo, tradussero in norma penale il loro atavismo, punendo con pene tremende chi, solamente, nutrisse cattivi pensieri contro l’ordine pubblico interno od esterno (vd. art. 270 bis c.p. ).