Ma nel Regime narrato (abbastanza) fedelmente da Pannella non vi sarebbe spazio per lo scontro giuspolitico con il suo “diritto”, quello promulgato e (anzitutto) quello, assai più illegittimo, applicato? E, lo spazio, ed il tempo, dello scontro, non potrebbe, non dovrebbe, essere anche quello, prossimo, della tornata elettorale (non solo nazionale)? Per la più altisonante e furibonda denuncia della illegittimità giuspolitica del Regime?
Esemplificando: dopo la incriminazione di R. Bernardini, per fatto di droga (dimostrativa, educativa, politicamente contestativa della sua proibizione): non si potrebbe cominciare a propugnare che la legislazione, “atto di alta amministrazione” (secondo la scienza giuridica) “arbitrario”, non potrebbe tuttavia violare il “principi(o) fondamental(e)” (in art 3 cost.) di uguaglianza, sparificare la proibizione (o la permissione) di situazioni pari, se lo facesse, lederebbe i diritti (soggettivi) nascenti da quel principio, commetterebbe illecito (civile e/o amministrativo), potrebbe essere chiamata a risponderne (con i suoi autori ed i suoi applicatori)?
D’altronde, le altre condizioni della chiamata non mancherebbero, perché la sparificazione della proibizione tra droghe (sostanze stupefacenti e psicotrope) e sostanze alcooliche è palese (essa, anzi, è massima se, rispetto all’alcool, la proibizione si converte nel suo opposto, la permissione), la parità delle situazioni è altrettanto palese (per “lesività” psicofisica, quando, addirittura, la situazione proibita, la marijuana, non fosse infinitamente meno lesiva di quella permessa, il cognac). E, la chiamata, non si imbatterebbe nel limite della immunità delle persone dei legislatori per le “opinioni espresse” ed “i voti dati” (art 68 cost), poiché, quel limite, fermerebbe la responsabilità penale, non quella di altro ordine giuridico.